La Tua comunicazione tiene conto di questi fattori persuasivi?

Uno degli Assiomi più importanti della comunicazione recita testualmente: “Tutti possono comunicare, ma non tutti sanno farsi capire”. Volendo parafrasare questo Assioma e renderlo un po’ più attuale, potrei dire: “Tutti possono comunicare, ma non tutti sanno persuadere”.

Oggi, nel mondo nevrotico in cui viviamo, non basta più comunicare, bisogna “comunicare persuadendo”. Possiamo ottenere due risultati diametralmente diversi secondo come formuliamo una stessa richiesta. Ho personalmente appurato che se chiedo una cosa a mio figlio in un certo modo, ottengo una risposta; se chiedo la stessa cosa in maniera diversa, magari aggiungendo una semplice motivazione, ottengo una risposta diversa. Quella che piace a me.

Robert B. Cialdini, attualmente professore di psicologia all’Arizona State University, una delle massime autorità nel campo della “comunicazione persuasiva”, afferma che esistono sei diverse categorie di base, ognuna delle quali corrisponde ad un diverso fattore psicologico, che orienta e dirige il comportamento delle persone: la coerenza, la reciprocità, la riprova sociale (o imitazione), l’autorità, la simpatia, la scarsità. Senza entrare nel merito che sia giusto o sbagliato usare tali strumenti di comunicazione persuasiva, mi limito a fare dei brevi esempi per ognuno di questi sei fattori psicologici.

Cominciamo con la “Coerenza”. Circa un mesetto fa, ho scoperto come Paola, mia moglie, sia stata molto brava ad usare il principio di coerenza a mie spese. Per tutta la settimana mi aveva fatto affermare che era importante che Mattia, il nostro secondo figlio, facesse sport e andasse in piscina. Un pomeriggio che Lei non aveva voglia di uscire, chiese a me di portare Mattia in piscina, all’inizio borbottai un po’, dicendole che ero impegnato in Studio ed avevo da fare ma poi, dovetti desistere ed accompagnare Mattia dopo che Lei mi disse: “ma come, hai decantato tanto i benefici di praticare una sana attività fisica e adesso che puoi portare tuo figlio a farla, ti tiri indietro?”. Mi dispiace ammetterlo, ma mi aveva fregato. Mi aveva obbligato ad essere “coerente con le mie precedenti affermazioni sullo sport”. Mi ero preso un impegno “mentale” e dovevo mantenerlo. Le donne ne sanno una più del diavolo.

Il principio di “Reciprocità” è tanto semplice quanto efficace: chi riceve un dono od un favore, si trova poi nella condizione di offrire qualche cosa in cambio. Uno degli esempi più lampanti è quando Ti rechi a fare la spesa e magari passi davanti ad un piccolo banchetto con una bellissima signorina od un bel fanciullo che offre assaggi (la signorina serve per attirare l’attenzione dei maschietti, il fanciullo, quella delle femminucce). L’incaricata di turno, sfoggia un sorriso a 32 denti e nell’offrirti il campione gratuito o l’assaggio, è gentile e cordiale. Tu lo prendi ed inconsciamente ecco che entra in gioco la “regola della reciprocità” ed una percentuale altissima di persone si sente in “dovere” di contraccambiare, acquistando una confezione del prodotto ricevuto in dono o in assaggio. E non è detto che l’acquisto sia solo immediato, talvolta avviene anche nei successivi giorni all’omaggio.

Il principio di “Riprova sociale” agisce in maniera diversa: tutti noi, chi più chi meno, usiamo anche questo mezzo per decidere cosa è giusto, e cercare di scoprire che cosa gli altri considerano giusto. Il principio vale soprattutto quando dobbiamo decidere il comportamento da tenere in un contesto aperto al pubblico, dove vi sono molte persone. Se per esempio siamo al ristorante e tutte le persone nei tavoli intorno a noi mangiano la pizza con le mani, dopo un po’, per “riprova sociale” anche noi adatteremo il nostro stile e molleremo forchetta e coltello per prendere la pizza a morsi. Il fatto stesso che molte altre persone facciano una certa cosa, o abbiano una certa idea, ci porta a considerarla giusta ed interessante e, di rimando, cominciamo a farla anche noi, allineando il nostro comportamento alla maggior parte delle persone che abbiamo intorno. Tale principio diventa ancora più forte se “queste persone” sono simili a noi.

Il principio di “Autorità” porta spesso ad agire in modo increscioso e magari “non voluto” consciamente. Ne è un classico esempio le dichiarazioni, proprio di questo periodo, di alcuni componenti dell’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale che, chiamati a spiegare le loro atrocità nei confronti della popolazione locale, hanno detto che qualcuno glielo ha ordinato. Un’autorità sopra di loro, ha ordinato tali crudeltà e loro, hanno “semplicemente” obbedito. Naturalmente, lascio alla Tua personale interpretazione la parola “semplicemente” e mi limito a farti notare come il principio di “autorità” possa essere devastante. Siamo educati sin dalla nostra nascita a pensare che obbedire all’autorità riconosciuta e legittima è giusto, mentre disobbedire è sbagliato. Usiamo questo principio in ogni contesto: in famiglia, a scuola, sul lavoro, nel sociale, ecc. Del resto, oggigiorno, basta un titolo, uno status o una grandezza apparente (un bell’abito, una bella macchina, una bella posizione, ecc.), per fare di noi delle “autorità” in un determinato campo e, di conseguenza, delle persone affidabili.

Dopo le regole di “persuasione” sopra esposte, non Ti meraviglierai di certo nel sapere che preferiamo acconsentire alle richieste di persone che ci piacciono e ci sono simpatiche rispetto a persone di cui diffidiamo. Questo è il principio di “Simpatia”. Le persone di bell’aspetto e simpatiche, hanno su di noi “un potere persuasivo” maggiore. Questo fenomeno, in psicologia sociale si chiama “Effetto alone”; sembra che le persone di bella presenza godano nell’immaginario collettivo di caratteristiche positive: come talento, gentilezza, onestà e intelligenza. Molte ricerche hanno dimostrato che persone fisicamente attraenti hanno migliori probabilità di essere “persuasivi e convincenti”. Laddove la bellezza non riesce ad aumentare il principio di “Simpatia”, entra in gioco il fattore “somiglianza”: ci piacciono le persone simili a noi, che vestono come noi, che parlano come noi, con gli stessi gusti, con gli stessi interessi, con le stesse opinioni, ecc.

In chiusura, ma non da ultimo, il principio di “Scarsità” che porta spesso le persone ad agire ed acquistare delle cose semplicemente perché hanno timore “di perderle”. E’ paradossale, ma il timore di perdere qualcosa gioca un ruolo molto importante nel processo decisionale di una persona. Sembra che le persone siano più motivate ad agire dal timore di perdere qualcosa anziché dall’opportunità di un guadagno di pari entità. Quindi, desideriamo maggiormente una cosa quando scarseggia, ma la desideriamo ancor di più nel momento in cui dobbiamo entrare in competizione con altre persone per averla. I pubblicitari conoscono molto bene questo principio e ci ricordano tutti i giorni di “correre a comprare quella cosa” prima che finisca.

Riassumendo: siamo subissati da messaggi e da persone che cercano, ogni giorno, di persuaderci a comprare e/o scegliere qualche cosa. La pubblicità ci bombarda di messaggi “palesemente” persuasivi; i politici, quando ci parlano, usano un linguaggio persuasivo; i telegiornali, spesso, usano messaggi “velatamente” persuasivi.

Insomma: dovunque andiamo, siamo invasi dalla persuasione. Il libro di Cialdini può aiutare Te e tutti coloro che vogliono approfondire l’argomento. Io l’ho letto almeno tre volte e posso garantirti che Ti sarà molto utile, sia a migliorare il Tuo processo comunicativo, sia a difenderti dalla palese o velata “persuasione” delle persone che hai accanto.

Chiudo con una massima bellissima, di Walter Lippmann: “Laddove tutti pensano allo stesso modo, nessuno pensa un gran che”. Ti auguro una splendida giornata.

Giancarlo Fornei

Bibliografia consigliata: Le armi della persuasione, di Robert B. Cialdini – Giunti.

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